Ieri, mentre andava a correre, nella piazzetta antistante alla villa, dove posteggiano abitualmente le macchine, Panizza vede due donne l’una di fronte all’altra. Una è appoggiata a una macchina, l’altra le è di fronte, molto vicina. Niente di strano, pensa. Due donne che parlano di cose intime. Si racconteranno segreti tutti loro. Si avvicina per attraversare il parcheggio e raggiungere il cancello di ingresso e si accorge che non stanno parlando. Si picchiano.

Tutt’e due hanno una mano sulla faccia dell’altra, a cui cercano di cavare gli occhi. Tutt’e due stringono con la seconda mano i capelli dell’altra, tirandoli più forte possibile. Non una parola gli esce di bocca: né insulti, né lamenti, né gemiti.

Panizza pensa alle recenti cronache cittadine, alle violenze che si sono consumate in strada tra l’indifferenza dei passanti. Pensa che è suo preciso dovere intervenire. Si avvicina dicendo ad alta voce alle due donne di smetterla di picchiarsi, rischiano di farsi male. In quel momento sopraggiunge sul luogo della rissa un signore che porta al guinzaglio un cane. Deve avere letto anche lui le recenti cronache cittadine. Anche lui pensa che sia suo preciso dovere intevenire. Grida anche lui che la smettano.

Un terzo signore, che nel frattempo sta passando di lì, sente lo stesso dovere civico di intervenire e così, presto, i tre uomini provano a separare le due donne, tirandole di qua e di là. Ma è inutile, non si staccano. Hanno una forza incredibile. Quando i tre riescono ad allentare un poco la morsa dell’una, l’altra prende campo e incomincia a scalciare più forte, o affonda ancora di più le dita sulla faccia dell’avversaria, per cavarle ben bene gli occhi. Passa un bel po’ di tempo e non se ne ricava nulla di utile.

Panizza capisce che non riusciranno a dividerle, molla la presa e si allontana di qualche metro. Anche l’uomo con il cane molla la presa, chiede a Panizza se gli può tenere il cane con il guinzaglio. Finalmente ha tutt’e due le mani libere e torna a tirare di qua e di là le due donne. Ma niente. La situazione non si risolve. Però a un certo punto, quanto meno, si capisce finalmente il motivo della rissa perché una delle due, che è bruna , dice all’altra, che è bionda: «Ti futtisti mé maritu». Che è una frase in dialetto e può voler dire due cose: che le ha rubato il marito oppure che se l’è fatto, cioè ci è andata a letto.

La frase è rivolta alla rivale, ma sembra più che altro un’informazione data a Panizza e agli altri intervenuti sulla ragione di quella contesa e soprattutto sulle sue, di ragioni. Poi anche l’uomo del cane molla la presa e si avvicina di nuovo a Panizza, il quale gli dice: «Che dobbiamo fare se non la smettono, chiamiamo la polizia? Queste rischiano di farsi male!». Intanto è rimasto solo il terzo uomo a tirare e a spingere per separarle.

Ma in quel momento, di punto in bianco e senza nessun preavvertimento, la situazione cambia. Una delle due, la bionda, quella che si è fatta il marito dell’altra, dice alla rivale: «Ora basta ca sugnu stanca». E come se nulla di particolare fosse successo fino a quel momento, lentamente e, verrebbe da dire, quasi con calma e rilassatezza, molla la presa rassettandosi i vestiti. Anche l’altra a sua volta molla la presa.

Così ora stanno immobili tutt’e due, una di fronte all’altra, apparantemente tranquille, in silenzio. I tre uomini cos’altro possono fare? Non hanno motivo di rimanere lì più a lungo. La contesa è finita, il litigio si è spento. L’uomo con il cane fa un altro giro, il terzo uomo si allontana verso il fondo della piazza e va a farsi i fatti suoi da altre parti mentre Panizza può finalmente entrare in villa e mettersi a correre. E intanto pensa: «Bastasse così poco per mettere fine a una guerra! Sarebbe tutto molto più facile».