Sono nato a Messina, dove ho imparato a leggere e a scrivere. Ho vissuto a Bologna, dove ho iniziato a scrivere racconti. Ora vivo a Palermo, dove leggo e scrivo dei libri e insegno a leggere e a scrivere.
Giovedì 7 Dicembre, brindisi e letture per l’antologia BUON NATALE PERFIDIA pubblicata da Exòrma, che contiene il mio racconto dal titolo Testimoni inaffidabili.
Vi aspetto alle ore 18 presso la libreria Modus Vivendi di via Quintino Sella 79 a Palermo.
Qualche mese fa mi era stata recapitata un’email da parte di una sconosciuta sedicente studentessa svizzera che sosteneva di chiamarsi Alessia Blum. Sosteneva anche di abitare a Lugano e di essere in procinto di laurerarsi presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera italiana con una tesi sul tema della fragilità della figura di Gesù nella letteratura italiana dagli anni settanta a oggi. Sosteneva anche che in questa tesi avrebbe analizzato il mio libro Vangeli Nuovissimi insieme ad altri due libri che riprendono i vangeli: Il quinto evangelio di Mario Pomilio e La notte del lupo di Sebastiano Vassalli.
La faccenda mi puzzava. Mi puzzava di scherzo, truffa o raggiro. Ero certo che dietro quella Alessia Blum ci fosse qualche buontempone di internet, un hacker o magari qualche conoscente maligno che voleva truffarmi o prendersi gioco di me. Ne ero certo per due motivi. Primo: per il cognome, che era evidentemente stato inventato storpiando il famoso personaggio dell’Ulisse di Joyce. Secondo: perché tra tutti gli scrittori che erano stati, come dire, invitati a partecipare alla tesi l’unico vivo ero io. Ero evidentemente stato individuato, tra tanti autori viventi di libri, come l’unico gonzo che poteva cadere in uno scherzo o truffa, mettendolo in mezzo a della gente morta da tempo.
Io, che nelle trappole e nelle truffe di internet non ci casco mai e che ad esempio alle email che ti dicono che hai ricevuto un’eredità in Uganda non rispondo perché so bene che si tratta di una truffa in cui vogliono spillarti dei soldi, sto sempre sul chi va là per non cascare nelle trappole di internet. Dunque l’ho capito subito che si trattava di uno scherzo o di una truffa. E così ho fatto solo finta di rispondere all’email, per vedere come andava a finire.
Questo hacker che si nascondeva dietro il finto nome di Alessia Blum, inventato ispirandosi all’Ulisse di Joyce, era un hacker bravissimo. Mi ha fatto un’intervista impostata molto bene, con delle domande proprio ben poste, si vedeva che aveva perfino letto attentamente il mio libro, Vangeli Nuovissimi. E io ho risposto alle sue domande, solo per vedere come andava a finire la cosa, sapendo benissimo che si trattava dello scherzo di un hacker. Era un hacker con un’ottima cultura personale, perché poi ha portato avanti lo scherzo talmente bene che davvero ha fatto finta di scrivere la tesi. Ma una tesi fatta proprio benissimo, molto interessante. A un certo punto me l’ha anche spedita via posta, facendo finta di essersi laureata, e ci ha messo una bellissima dedica, proprio come se fosse veramente una vera studentessa che ti sta ringraziando per avere collaborato alla sua tesi di laurea.
Ora metto le foto della finta tesi qui sotto, ditemi voi se non c’era da cascarci a uno scherzo del genere, fatto benissimo, di una che fa finta di fare la tesi su un tuo libro. Ma io sono un dritto e non ci sono cascato, non ci ho creduto. Non sono un gonzo io, a me non la si fa tanto facilmente, anche se la tesi devo dire che era fatta davvero bene.
Poi, com’è, come non è, lo scherzo è continuato fino a ieri. L’hacker ha fatto finta di essere anche una giornalista che scrive su un giornale del Canton Ticino, Il Corriere del Ticino si chiamerebbe. E mi ha spedito la foto di una finta pagina di giornale in cui ci sarebbe l’articolo completo con l’intervista a me. Proprio imitato precisamente, sembra vero il giornale. Ditemi se al posto mio non ci sarebbe cascato chiunque a questo scherzo. Roba da non crederci, proprio!
Sulla rivista LIMINA Francesco Spiedo sta curando una rubrica su autori che hanno scelto la comicità come via alla narrazione per i loro libri di recente pubblicazione. Dopo le prime tre puntate dedicate a libri di Gianfranco Mammi, Paolo Colagrande e Giacomo Sartori, la quarta puntata è dedicata ai Vangeli nuovissimi. C’è prima un’analisi del libro, poi un dialogo/intervista, infine tre consigli di lettura.Riporto qui l’inizio del lungo articolo, per rimandare poi la lettura completa al sito di LIMINA. (l’illustrazione, realizzata per Limina, è di Federico Arrigoni).
di Francesco Spiedo
Ironici è una rubrica che si pone due obiettivi: chiedersi quali siano le possibili forme del comico e costruire una collana virtuale di testi ironici. Tutto questo combinando una recensione, un’intervista e una breve lista di consigli per gli acquisti. Per provare insieme a dare maggior voce al comico e trovare una risposta alla fatidica domanda: mi consiglia qualcosa che mi faccia divertire?
«Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento tanto bene.» E. Ionesco
La citazione in esergo spesso viene attribuita, pare sbagliando, a Woody Allen. Ora non è tanto importante chi non si senta bene, quanto invece il legame che c’è tra religione e umorismo, fede e comicità. In questo filone molto prolifico, che va dai racconti antifrateschi del Decameron fino ai romanzi di Niven, passando per i meme su Gesù e film come Brian di Nazareth, troviamo Vangeli nuovissimi di Mario Valentini. “Nessuno è profeta in patria”, per restare nell’ambito delle citazioni, è una frase drammatica, ma che, come accade spesso in questo testo, finisce per indossare un sorriso leggero, l’aspetto di una beffa che ha perso buona parte della sua amarezza. Valentini ha lavorato a 10 brevi vangeli apocrifi dotati quindi di una qualche licenza, spesso temporale, basti pensare a Gesù che inventa il calcio: anche in questi vangeli, come i veri vangeli apocrifi, vengono raccontate vicende non ufficiali, non riconosciute, si parla di un Gesù in quell’età di mezzo che va dal Bambino nella grotta fino al predicatore e dispensatore di miracoli. I dieci vangeli che compongono Vangeli Nuovissimi possiamo dividerli in due macrocategorie: i primi cinque ruotano attorno alla figura di Gesù e alle sue qualità e i restanti potremmo considerarli minori, ossia legati ad aspetti molto specifici o singoli episodi. Il tutto, però, mantenendo una forma simbiotica con il vangelo inteso come genere letterario: non mancano, infatti, le frasi idiomatiche, la suddivisione in versetti e una prosa evocativa ed educativa tipica dei testi biblici. L’autore ha costruito dei vangeli del presente per il presente e la forma vangelo stessa è uno degli aspetti che ne conferisce comicità.
Ieri su Il Riformista, il quotidiano diretto da Piero Sansonetti, recensione dei Vangeli nuovissimi scritta da Eduardo Savarese, che molto ringrazio per la generosità del giudizio.Eccola.
Vangeli nuovissimi, storia di Gesù ironico e moderno
di Eduardo Savarese
Nessun libro più adatto alla settimana santa quanto questo di Mario Valentini, Vangeli nuovissimi (Quodlibet, pp. 143, euro 14,00), riscrittura personale, ironica, sottilmente plurivalente (o se volete intelligentemente relativista) dei quattro Vangeli e anche di alcuni episodi di quelli apocrifi, nonché delle preziose testimonianze di Giuseppe Flavio. Valentini in effetti sceglie non solo e non tanto alcune parabole, certi detti notori di Gesù, ma anche e soprattutto un punto di vista contemporaneo (il libro si apre proprio col Protovangelo di Mario Valentini messinese, scritto nel recente passato) che, senza tracimare nella dissacrazione cretina, racconta piuttosto con totale, compiuta, leggerissima libertà – di scrittura e di coscienza – “storie” che hanno contribuito a formare per millenni la cultura occidentale. Ed ecco allora il punto di vista di un Gesù che inventa le partite di calcio per far solidarizzare le persone e mantenere una buona forma fisica, necessaria a praticare miracoli e una vita santa (Il vangelo degli allenamenti); il Gesù che adopera similitudini legate al mondo delle piante dimostrando un amore smisurato per la natura – un vangelo dunque vegetariano e ambientalista; il Gesù che ha a cuore, come un medico, le guarigioni poiché “Gli ammalati non andavano beatificati, andavano guariti”; il Gesù che si confronta con Superman (Il vangelo dei superpoteri). Segue poi un Vangelo storiografico che offre una panoramica tanto utile, quanto deliziosa sulle varie “comunità” religiose degli anni di Gesù: farisei, sadducei, esseni, zeloti (in esso appare pure, con una zampata da Stregatto, la citazione della Salome di Wilde). Chiudono quattro fantastici vangeli – tradotti dal siciliano di Pitrè – tra cui mi limito a segnalare gli esilaranti due vangeli del signor Gargano di Bagheria, una presa in giro efficace ed esilarante delle fatiche del povero Simon Pietro, sempre un po’ tonto, un po’ in affanno a imparare le lezioni di un maestro a volte dispettoso, altre crudelmente giocherellone. Valentini ci racconta tantissimi miracoli: è accaduto forse che, a furia di parlarne, è riuscito a farne uno lui con questo libro originale e acuto. Ironizzare, senza dissacrare; meditare sulle incongruenze della storia del cristianesimo e delle vite quotidiane dei cristiani col tocco sornione – l’audacia del vero gentiluomo siciliano – che consente di esercitare lo spirito critico con mente e cuori completamente aperti («Le fonti non sono molto chiare sulle motivazioni che spinsero Giuda l’Iscariota a tradire Gesù»); sorridere dei continui paradossi dei Vangeli e della nostra fede, mentre il sorriso si spegne in muta amarezza quando si constata che Gesù ha fatto del bene e ha ricevuto del male: «era una fine ingiusta per uno che aveva passato la propria vita a fare del bene al prossimo senza chiedere in cambio alcunché». Non so se Valentini creda. Di certo conosce i Vangeli. I suoi nuovissimi sono un modello possibile per riparlare di Gesù. Andrebbe adottato come libro di testo nelle parrocchie dai catechisti: ci rifugiamo in devozioni stantie, e continuiamo a dimenticare l’incontestabile evidenza per cui «l’età contemporanea prevede un popolo di uomini senza Dio».
Eduardo Savarese
Nato nel 1979, Eduardo Savarese vive a Napoli, è magistrato e professore di diritto internazionale presso l’Università degli studi di Napoli “Parthenope”.Ha pubblicato con le edizioni E/O: i romanzi Non passare per il sangue (2012) e Le inutili vergogne (2014), e il saggio-racconto Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma(2015).Ha trattato il complesso rapporto tra Chiesa e omosessualità nel saggio Omosessuali-Sirene tra poteri della Terra e poteri del Cielo, curato per la rivista francese “Inverses” 2017, nel numero interamente dedicato alla condizione omosessuale in Italia, e curato da Luca Baldoni.La frequentazione del mondo della disabilità e e dei temi del fine vita è confluita nel romanzo Le cose di prima (Minimum Fax, 2018) e nel saggio-racconto Il tempo di morire (Wojtek, 2019). L’ultimo suo libro di narrativa, È tardi! (Wojtek, 2019), è stato candidato da Elisabetta Rasy all’edizione 2022 del Premio Strega.
Collabora con i quotidiani: Il Corriere del Mezzogiorno, Il Foglio e, appunto, Il Riformista.
Come Paolo di Tarso, diciamo così, più o meno, che andava di città in città a predicare la buona novella. Ogni tanto da qualche posto se ne doveva scappare, inseguito da gente inferocita che voleva farlo fuori.
Anch’io nel mio piccolo questa settimana porto in terre lontane una novella nuovissima, non proprio buona. Forse discreta, così così insomma.
Parlerò infatti dei Vangeli nuovissimi:
Mercoledì 6 Aprile alle ore 18, a Bologna, con Ermanno Cavazzoni, presso la libreria Modo infoshop di via Mascarella 24/b
Giovedì 7 Aprile alle ore 18 a Pistoia, con Paolo Albani, presso la libreria Les Bouquinistes di via dei Cancellieri 5
Sabato 9 Aprile invece, dalle 10 alle 13 sarò Libraio per un giornoa Parma, apprendista di Antonello Saiz, presso la libreria Diari di bordo di Borgo Santa Brigida n. 9
Copertina si trova su STORIELIBERE.FMScritto a Voce, “progetto di narrazione e intrattenimento che si propone di ridare centralità alla parola. Una piattaforma di podcast audio affidati a narratori militanti”.
Metto anche qui, tra i miei appunti, un articolo scritto per Morel – Voci dall’Isola, pubblicato il 27 Dicembre: è una specie di backstage dei Vangeli nuovissimi, racconta le letture che hanno accompagnato la stesura del libro e, in sintesi, quel che ho imparato sui vangeli, quelli antichi.
Con la parola vangelo si intende comunemente un ben preciso testo della tradizione cristiana. Ed è opinione diffusa che questo testo sia di tipo narrativo e che narri la storia di Gesù più o meno dalla nascita e più o meno fino alla morte. Anzi, poco oltre: fino alla resurrezione dal sepolcro e all’apparizione in forma di spirito ad alcuni dei suoi discepoli. Quel che ho imparato è che nessuno oggi nega che Gesù di Nazaret, come figura storica, sia effettivamente esistito. Chi si è avvicinato a questa figura con un approccio storico-critico ha fatto molte ipotesi su chi egli veramente fosse e su cosa effettivamente abbia detto o pensato, arrivando a supporre cose molto diverse da quelle che i suoi discepoli o fedeli per secoli e secoli hanno predicato.
Il cattolicesimo, e in generale il cristianesimo, riconosce come autentici, e dunque corrispondenti alla vera natura di Gesù, che per i cristiani è appunto il Cristo e Messia, quattro vangeli che vengono detti canonici. Nel Nuovo Testamento vengono presentati in quest’ordine: vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Nell’approccio precritico, totalmente incastonato nella fede religiosa, si credeva che questi vangeli fossero resoconti autentici della vita di Gesù e non si ipotizzava nemmeno che ci potesse essere un qualche tipo di scarto tra il Gesù realmente esistito (il Gesù storico) e quello che i vangeli raccontano della vita di Gesù. Certo, le differenze tra vangelo e vangelo erano percepite. Soprattutto, era evidente che il quarto, quello di Giovanni, era piuttosto diverso dai primi tre. Così com’era evidente che, tra i primi tre, ce n’era uno (quello di Marco) che era molto più breve. E questo aveva indotto fin dall’antichità a considerare il vangelo di Marco come una sorta di riassunto degli altri due, scritto anche in modo un po’ rozzo rispetto allo stile più raffinato di Matteo e Luca, che venivano tenuti in maggiore considerazione. Matteo veniva considerato il più antico e autorevole tra i vangeli e si credeva che il suo autore fosse il Matteo apostolo di Gesù, pubblicano e dunque ex esattore delle tasse (figura odiosa per gli ebrei del tempo perché in combutta con gli occupanti romani nell’opprimere la popolazione). Luca era invece il più usato nelle predicazioni, il più amato e citato, perché pieno di parabole e insegnamenti, e perché raccontava una più ampia e sviluppata parte sull’infanzia di Gesù, piena di suggestioni e di possibilità di far nascere mitologie. Luca e Marco, inoltre, venivano identificati in due discepoli, rispettivamente, di Paolo e di Pietro. L’ultimo dei vangeli, invece, si credeva che fosse stato scritto da un altro degli apostoli di Gesù, Giovanni appunto, in tarda o tardissima età. Quel che ho imparato è che la critica storica e gli studi filologici hanno ampiamente ribaltato questa visione e che probabilmente nemmeno all’interno della Chiesa esiste più qualcuno che dia credito alla visione tradizionale propria dell’approccio precritico.