Il 9 Luglio ho presentato da Prospero, a Palermo, Tutto un rimbalzare di neuroni di Vanessa Ambrosecchio (Einaudi). Dagli appunti è venuta fuori una recensione, pubblicata da Lucia Libri. Ne trascrivo qui l’inizio, rimandando al sito di Lucia Libri per la lettura integrale.

[per leggere l’articolo direttamente dal sito di Lucia Libri basta andare qui: https://www.lucialibri.it/2021/07/16/non-uno-di-meno-ambrosecchio/]

1. L’illustrazione mostra un ragazzo seduto su una sedia. Affacciato, guarda il cortile. Mentre scrive, osserva i suoi coetanei che giocano a pallone o vanno su un monopattino o si arrampicano. Ma il cortile non è un cortile reale e la finestra a cui sta affacciato il ragazzo è uno smartphone, lo schermo di un cellulare.

Il titolo del libro è Tutto un rimbalzare di neuroni. L’autrice è Vanessa Ambrosecchio. L’editore è Einaudi.

Altre informazioni presenti in copertina. Una citazione tratta dal libro stesso: “Hanno una strana vita, i miei alunni, da quando è cominciata la Dad”.

Non sto a riferire quel che la quarta di copertina o le bandelle interne riportano perché già gli elementi del paratesto fin qui citati parlano abbastanza chiaro ma se apri il libro, il frontespizio riporta il seguente sottotitolo: Il racconto di cosa ci ha tolto la didattica a distanza.

Il lettore che lo trovasse sul bancone di una libreria, già a leggere queste veloci indicazioni, avrebbe capito tutto: che è un libro sulla Dad, la famigerata Didattica a distanza di cui ogni famiglia ha avuto modo di fare esperienza. Ed è un racconto, non un saggio, non un libro tecnico né un manuale per addetti ai lavori.

Un romanzo? Può darsi. Forse un genere ibrido, che sta al confine tra letteratura, cronaca di un’esperienza, diario di bordo, riflessione.

Tutto questo potrebbe bastare e, in effetti, descriverebbe già bene il libro.

cover Tutto un rimbalzare di neuroni

Un libro sulla Dad? Rimescoliamo le carte

2. Ma vorrei provare a negare l’evidenza: scompaginare l’assunto rimescolando le carte.

Vorrei provare a sostenere che quello che avete davanti non è un libro sulla Dad.

È piuttosto un libro che utilizza la Dad come occasione per parlare di scuola.

E se l’esperienza della Didattica a distanza dà immediatamente l’avvio al racconto, poi è il fare scuola, in tutta la sua complessità, che prende piede. E il fare scuola anche prima della Dad, il fare scuola di sempre, in ogni condizione e circostanza.

Perché importa anche poco, alla fin fine, come e in che circostanze la scuola venga fatta. Questo è un libro sui ragazzi che vanno a scuola, sui docenti che fanno scuola e che poi, non potendo per un periodo recarsi fisicamente in quel luogo fisico chiamato scuola, si adattano a fare scuola da casa in maniera inedita, strana, in una maniera mai vista prima, arrangiandosi con quel che si può e per come si può.

Perché la scuola da sempre è così. Anzi la parola scuola, a dirla tutta, declinata al singolare, è una parola che non ha molto senso. La parola scuola ha senso solo declinata al plurale.

In quest’ultimo anno e mezzo abbiamo, certo, faticato. Abbiamo maledetto computer, connessioni, smartphone, social network quali whatsapp, ecc. E tutto questo c’è nel libro di Vanessa Ambrosecchio: c’è il racconto, che spesso fa ridere o sorridere, sulle difficoltà di connessione, sulla linea che cade, sugli studenti che si nascondono oscurandosi, sull’aspetto orribile che avevamo noi docenti durante le riunioni a distanza degli organi collegiali.

Ma quel che risulta subito chiaro è che la stranissima esperienza che ci è da poco capitata, l’insegnamento massiccio a distanza standosene chiusi a casa, non fa che ribadire, descrivere, rafforzare questo assunto: la Dad è stato solo un tentativo un po’ assurdo, abborracciato, improvvisato, e a cui siamo giunti del tutto impreparati, di provare a salvare il fare scuola in un momento in cui le nostre vite sono state travolte da qualcosa di inaspettato.

E quello di Vanessa Ambrosecchio, dunque, prima che sulla Dad, è del tutto e pienamente un libro sul fare scuola.

Le scuole sono lì dove si prova a impiantare esperienze educative con i ragazzi, dove si prova a far loro imparare a scrivere e a far di conto, dove si prova a dar loro una prospettiva di vita per il futuro. Se ci si trova in un campo profughi fatto di baracche di lamiera, senza libri, penne e quaderni, la scuola sarà lì. E sarà vera scuola. Se ci si trova in una piccola isola con dieci bambini in tutto, di età molto diversa, in una stanza, si farà scuola così. Le scuole sono lì dove si realizza l’esperienza concreta del fare scuola, con gli strumenti che si hanno a disposizione, nelle condizioni che ci sono date in sorte e partendo dal mettere a fuoco prima di tutto chi abbiamo davanti: i ragazzi e le ragazze, i nostri studenti.

La scuola, al singolare, non esiste

3La scuola, per come la vedo io, va declinata necessariamente al plurale perché non è sui programmi ministeriali che si basa, né su un edificio con le sue dotazioni, e forse nemmeno sull’imparare perfettamente a leggere e far di conto. La scuola è un’esperienza di relazione tra adulti e ragazzi. E questo nel libro di Vanessa Ambrosecchio è chiarissimo. Tutte le energie profuse da questa professoressa nel momento in cui le scuole chiudono e ci si trova ognuno barricato nelle propria casa, a distanza, con un’unica possibilità di tenersi in contatto, sono spese principalmente a tenere salvo e saldo un canale di comunicazione, per non spezzare il filo tra lei e loro e tenere in piedi una relazione ancora viva e diretta.

La scuola, al singolare, non esiste perché ogni classe ti chiama e ti reclama in modo diverso. Ogni ragazzo e ogni ragazza ti chiama e ti reclama in modo diverso.

O la scuola è multipla o non sussiste. Se la scuola non si sa pensare multipla, allora è la scuola che respinge, boccia, rifiuta, contro cui Don Milani e i ragazzi di Barbiana hanno a lungo lottato.

[se vuoi, puoi leggere l’intero articolo su Lucia Libri: https://www.lucialibri.it/2021/07/16/non-uno-di-meno-ambrosecchio/;

se vuoi leggere altri miei appunti che hanno a che fare con la scuola vai qui: c’è vita tra i banchi

se invece vuoi sapere cos’è Prospero, vai qui: https://www.prosperopalermo.it/]