
Qui sotto un estratto della recensione di Mauro Trotta su “Quattro giovani malviventi in fuga” pubblicata su il Manifesto di venerdi 28 febbraio.
(Mauro Trotta)
Nonostante da sempre lo stile tragico sia stato considerato superiore a quello comico, non mancano, anzi abbondano, nella storia della letteratura, esempi di opere comiche in grado di rappresentare in maniera più ficcante e veritiera la realtà. Del resto i meccanismi alla base della vita reale nell’antichità romana emergono forse in maniera più vivida nelle commedie di Plauto che nelle tragedie di Seneca. E se si vuole capire la realtà italiana, e non solo, dal secondo dopoguerra in poi si può prescindere dal lavoro di Dario Fo? O dalla cosiddetta commedia all’italiana? Insomma, l’ironia, il sarcasmo, la comicità sono sempre stati utilizzati dagli artisti per svelare, e casomai mettere alla berlina, non solo abitudini, comportamenti, stili di vita, ma anche le dinamiche più nascoste del potere.
DEL RESTO, come sostiene Umberto Eco nel Nome della rosa, si può arrivare a uccidere per preservare lo status quo dagli attacchi del comico. E «una risata vi seppellirà» è stato forse uno degli «urli di guerra» più significativi del ’68. Non ci si deve stupire allora se una storia, ambientata a Palermo, dove si parla di rapine, di emarginazione e mafia venga raccontata utilizzando principalmente ironia, umorismo, sarcasmo.
È quanto avviene nel nuovo romanzo di Mario Valentini, Quattro giovani malviventi in fuga(Exòrma, pp. 136, euro 14,50). I quattro ragazzi del titolo si chiamano, o meglio alla Zecca, il loro quartiere, sono conosciuti con i soprannomi di Brum Brum, Minchiasecca, Miracolo e Palummu Mutu. Siamo nei primi anni 2000. Il racconto si basa sulle loro vicende e sulle catastrofiche conseguenze che innescano.
L’autore li segue nel quartiere, in carcere, al mare. Nei loro incontri. Mostra i loro comportamenti. Le persone che li incrociano o, semplicemente, vengono coinvolte dalla loro azioni. Azioni, come una serie di rapine a mano armata fatte utilizzando gli autobus. E il libro inizia proprio con l’ultima di queste rapine, compiuta in un giorno in cui c’era sciopero dei mezzi pubblici. La scena è esilarante: i quattro, completamente strafatti, vengono arrestati alla fermata con i cappellini della Nike rubati in testa, che non riescono a smettere di ridere «per ogni che gli esce dalla bocca». Accanto ai protagonisti, poi, emergono tutta una serie di personaggi indimenticabili. Le fidanzatine, o quelle che loro credono tali, Vanessa che, per il suo impegno, «se voleva era destinata a diventare la prima ragazza laureata del quartiere», Tanino Imparato, Gesù Cristo, il boss del quartiere. […]
(continua a leggere la recensione al seguente link: https://ilmanifesto.it/quattro-giovani-malviventi-nelle-due-citta-di-palermo )
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