Non so quando è cominciata questa tendenza dei libri che possiedo e che ho letto a scomparire. Ci sono stati anni che avevo tutto sotto controllo. Riuscivo esattamente a ritrovare in pochi minuti quello che cercavo. Poi è successo qualcosa. Una specie di esplosione ha disintegrato quello che era compatto. Un big bang ha dato in pasto all’entropia quello che era circoscritto, concluso, perfettamente sotto controllo.
Non è solo una questione di quantità, non è solo che anno dopo anno i libri sono aumentati e dargli un posto è diventato complicato. Dev’essere successo qualcosa che ha a che fare con la vita nel suo insieme. Si sono visti esposti al maltempo, travolti da un vento costante, gelido o afoso, umido o secco a seconda delle giornate, senza avere mai modo di calmarsi e stare tranquilli nel loro posticino sicuro. Così hanno iniziato uno alla volta a dileguarsi. E ormai se cerco qualcosa che mi servirebbe per questo o quell’altro argomento è di regola non trovarlo. Passano i giorni e non è detto che quel libro salti fuori.
Proprio oggi, e la cosa comincia a diventare preoccupante, cercavo un libro che ho finito di leggere non più di dieci giorni fa. Volevo scrivere due righe di appunti qui sopra, su questo nuovo spazio che sto provando a organizzare. Un’intervista a Thomas Bernhard, di questo si trattava, un libro uscito da non più di qualche mese. Niente da fare: disperso anche lui.
La stessa cosa purtruppo succede alla memoria. Sapevo tutto. Sapevo autore, titolo, data di pubblicazione e collana dei libri. Luogo e data di nascita di ciascun autore. Pure i traduttori ricordavo. Ora, che dire? Anche nella mia mente è successo un big bang. Mi ricordassi mai un titolo, un’edizione! Mi dico: ecco comunque a che servono i taccuini, le memorie esterne, i quaderni d’appunti. Ed è così che ho incominciato a accumulare in maniera patologica i cataloghi, le schede di sintesi, gli strumenti di raccolta. Scaffali e cassetti dappertutto. Mi chiedo se servirà a qualcosa e se vale la pena sprecare tante energie per tenere attaccato alle sottane (che non porto) qualcosa che non desidera fare altro che sfuggirmi. O se piuttosto non è meglio abbandonarsi senza troppi crucci a questa specie di movimento centrifugo che sono tentato di chiamare in questo modo: la dinamica degli addii.