Diciamo che capita. Ma dire che capita suona come un tentativo di autoassoluzione. Diciamo che capita che, nonostante i tuoi numerosi giri, la tua pretesa di conoscere benissimo la città in cui vivi da circa vent’anni, ti si spalanchino abissi di ignoranza. Ti rendi anche conto che capita non solo a te, ma a molti, con cui ti ritrovi a dire: esisteva un posto del genere e non l’avevamo mai visto?

Diciamo anche che ci sono libri che sanno andare al di là di ciò che raccontano. Che invitano a percorsi ulteriori, approfondimenti, nuovi attarversamenti. E case editrici che, vasi di coccio tra vasi di ferro, hanno saputo/dovuto affilare la propria capacità di riconoscere dietro a un libro una forma di vita piena e consistente per riuscire a fare proposte editoriali significative dalla propria piccola e sempre instabile trincea.

Diciamo anche che per fortuna ci sono librai e librerie che sanno immaginare modi diversi di proporre ai lettori un libro: di farlo vivere, conoscere al pubblico, circolare. Soprattutto in un periodo come questo, in cui è ancora molto difficile organizzare presentazioni nei propri spazi. E sanno coinvolgere associazioni e realtà della città per portare a termine compiutamente tali proposte.

Diciamo allora che la libreria di cui stiamo parlando è la Modus Vivendi, il libraio Fabrizio Piazza, la casa editrice è Mesogea, il libro è Storie di Maredolce, l’autore del libro Nino Russo e l’Associazione è quella del Castello e Parco di Maredolce di Palermo. E che l’iniziativa si è svolta la mattina di sabato 19 Giugno.

Storie di Maredolce è una raccolta di storie e memorie su quello che oggi è un quartiere ormai pienamente saldato alla città e segnato da un’edilizia caotica e, per larga parte, desolata. Ma che era una borgata esterna alla città, anticamente immersa in una natura sorprendente, di cui oggi sopravvivono alcune tracce.

L’autore, studioso di Lingua e Letteratura Tedesca e traduttore di narrativa dal tedesco, dallo spagnolo, dal portoghese e dal neogreco, ha vissuto ed è cresciuto lì fin da bambino.

Questo è l’incipit del primo racconto, utile a inquadrare la faccenda:

Quando venni al mondo, le sorgenti che avevano alimentato per secoli il grande lago artificiale del castello della Favara, chiamato Maredolce, erano ridotte a quattro misere polle. Due, oggi prosciugate, spuntavano ai piedi degli archi arabi, catturate dai bacini di pietra ciascuno poco più grande di una vasca da bagno. La terza, abbondante, affiorava ribollendo sotto il livello stradale davanti alla chiesa di San Ciro. Formava un notevole specchio d’acqua di forma triangolare, un piccolo lago, ultimo residuo della celebre peschiera normanna. La quarta, più modesta, era una fonte sotterranea in mezzo agli agrumi, lontana dalle altre; la raccoglievano i serbatoi di un minuscolo edificio per metà interrato detto urna. Da ragazzo vi scendevo con trepidazione. Avvertivo in quell’ipogeo acquatico la presenza di creature invisibili che si divertivano a turbare il visitatore assetato.

Nino Russo, Storie di Maredolce, Mesogea, 2021

Alternando la propria voce a quella di Ida Tedesco Zammarano, che ha letto brani del libro di Nino Russo, Giovanni Castellana ha fatto da guida, alla scoperta del sito archeologico che si estende attorno all’antico castello della Favara, narrando una storia lunga dieci secoli.

Il castello della Favara prende il suo nome dal termine arabo fawwara (“fonte che ribolle”). Le favare erano appunto polle di acqua che risaliva ribollendo dal sottosuolo, provenienti dal Monte Grifone che domina l’area di Maredolce.

A ridosso di quelle acque l’emiro Ja’far aveva costruito nel X secolo una residenza. Il re normanno Ruggero II nel 1071 ne realizzò (su quell’antica di Ja’far) una propria, che pose al centro di una cittadella fortificata comprendente anche una peschiera e un hammam. Raccolse le acque delle favare tramite una diga fino a formare un lago, al centro del quale si estendeva un’isoletta a forma di Sicilia. Più che di un castello vero e proprio si trattava dunque di un solacium, un giardino dei piaceri, la riproposizione di un piccolo paradiso in terra: simile dunque, per concezione e destinazione, al più noto e celebrato castello della Zisa, di cui è più antico di almeno un secolo.

Un poeta dell’XI-XII secolo, ‘Abd al-Rahman di Trapani, segretario e membro della corte reale di Ruggero II, in un componimento poetico in lingua araba, lo descrive così (la traduzione è di Mario Luzi):

Aduna Favara dei due mari ogni valore e pregio

una vita piacevole la bellezza dei luoghi senza uguale

si diramano in nove ruscelli le tue acque

e quel loro fluire separate che incanto!

la battaglia d’amore ha il suo terreno al centro tra l’uno e l’altro mare

e in riva al tuo canale la passione attende

oh il lago delle due palme che meraviglia! e il palazzo

sovrano eretto in mezzo al lago che lo cinge

le acque pure e chiare dei due rami di mare

sono perle liquefatte tutta quella liscia lama è un lago

[…]

Poeti arabi di Sicilia, a c. di F. M. Corrao, Mesoega, 2002

Dopo numerosi passaggi di proprietà che ne hanno stravolto aspetto e usi (nel Trecento è stato adibito anche ad ospedale) il Castello è arrivato ai nostri giorni davvero malridotto. Nel secondo dopoguerra è stato abitato da decine di famiglie. Soppalcato, frazionato, vi sono stati costruiti dentro cucine e gabinetti, sono stati sventrati perfino archi portanti per mettere in comunicazione stanzette e ricavare nuovi ambienti. La sua corte è diventata una piazzetta asfaltata, parcheggio di macchine che d’estate si riempiva di sedie e tavolini perché gli abitanti godessero un po’ di fresco.

Nel 1992 la Regione lo acquisisce tramite esproprio. Dopo il 2007 dà avvio al restauro. Oggi il castello e il parco sono visitabili, anche se l’apertura pare risulti un po’ troppo intermittente. Si ha l’impressione che le potenzialità del sito siano enormi. Il posto è eccezionale dal punto di vista storico-culturale. Offre stimoli affascinanti di tipo archeologico, paesaggistico, naturalistico, che andrebbero valorizzati attravreso iniziative costanti di promozione e fruizione. E invece, anche solo la sua fruizione turistica è oggi, di fatto, ai minimi termini, nonostante la città abbia costruito proprio attorno ai percorsi della Palermo arabo-normanna le sue recenti, principali proposte.

Per approfondire la storia del castello di Maredolce e saperne di più, si può consultare il sito dell’Associazione Castello e Parco di Maredolce a questo link: https://www.associazionecastelloeparcodimaredolce.org/storia/

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