Metto anche qui, tra i miei appunti, un articolo scritto per Morel – Voci dall’Isola, pubblicato il 27 Dicembre: è una specie di backstage dei Vangeli nuovissimi, racconta le letture che hanno accompagnato la stesura del libro e, in sintesi, quel che ho imparato sui vangeli, quelli antichi.
Con la parola vangelo si intende comunemente un ben preciso testo della tradizione cristiana. Ed è opinione diffusa che questo testo sia di tipo narrativo e che narri la storia di Gesù più o meno dalla nascita e più o meno fino alla morte. Anzi, poco oltre: fino alla resurrezione dal sepolcro e all’apparizione in forma di spirito ad alcuni dei suoi discepoli.
Quel che ho imparato è che nessuno oggi nega che Gesù di Nazaret, come figura storica, sia effettivamente esistito. Chi si è avvicinato a questa figura con un approccio storico-critico ha fatto molte ipotesi su chi egli veramente fosse e su cosa effettivamente abbia detto o pensato, arrivando a supporre cose molto diverse da quelle che i suoi discepoli o fedeli per secoli e secoli hanno predicato.
Il cattolicesimo, e in generale il cristianesimo, riconosce come autentici, e dunque corrispondenti alla vera natura di Gesù, che per i cristiani è appunto il Cristo e Messia, quattro vangeli che vengono detti canonici. Nel Nuovo Testamento vengono presentati in quest’ordine: vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Nell’approccio precritico, totalmente incastonato nella fede religiosa, si credeva che questi vangeli fossero resoconti autentici della vita di Gesù e non si ipotizzava nemmeno che ci potesse essere un qualche tipo di scarto tra il Gesù realmente esistito (il Gesù storico) e quello che i vangeli raccontano della vita di Gesù. Certo, le differenze tra vangelo e vangelo erano percepite. Soprattutto, era evidente che il quarto, quello di Giovanni, era piuttosto diverso dai primi tre. Così com’era evidente che, tra i primi tre, ce n’era uno (quello di Marco) che era molto più breve. E questo aveva indotto fin dall’antichità a considerare il vangelo di Marco come una sorta di riassunto degli altri due, scritto anche in modo un po’ rozzo rispetto allo stile più raffinato di Matteo e Luca, che venivano tenuti in maggiore considerazione. Matteo veniva considerato il più antico e autorevole tra i vangeli e si credeva che il suo autore fosse il Matteo apostolo di Gesù, pubblicano e dunque ex esattore delle tasse (figura odiosa per gli ebrei del tempo perché in combutta con gli occupanti romani nell’opprimere la popolazione).
Luca era invece il più usato nelle predicazioni, il più amato e citato, perché pieno di parabole e insegnamenti, e perché raccontava una più ampia e sviluppata parte sull’infanzia di Gesù, piena di suggestioni e di possibilità di far nascere mitologie. Luca e Marco, inoltre, venivano identificati in due discepoli, rispettivamente, di Paolo e di Pietro. L’ultimo dei vangeli, invece, si credeva che fosse stato scritto da un altro degli apostoli di Gesù, Giovanni appunto, in tarda o tardissima età.
Quel che ho imparato è che la critica storica e gli studi filologici hanno ampiamente ribaltato questa visione e che probabilmente nemmeno all’interno della Chiesa esiste più qualcuno che dia credito alla visione tradizionale propria dell’approccio precritico.
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